
Quanto è “distante” la distanza?
Il CSOT sta vivendo i suoi giorni più strani. L’epidemia da Covid-19 ha costretto anche noi a vivere settimane di didattica a distanza, come nella scuola e in tutti gli altri enti di formazione.
Lo schermo attraverso cui vediamo i nostri allievi è diventato piano piano anche lo schermo attraverso il quale abbiamo cominciato a vedere noi stessi.
Ci siamo sentiti studenti noi per primi, avendo dovuto imparare come usare nuovi mezzi tecnici e ripensare modalità acquisite di insegnamento. Abbiamo vissuto e viviamo la quarantena imposta al sistema scolastico come una possibilità di essere creativi e reinventarci.
Ci siamo misurati ancora più del solito con il metro degli occhi dall’altra parte dei monitor, con la costanza della loro attenzione, con l’ampiezza dei loro sorrisi. Se smettessimo di essere a “misura di studente”, del resto, non saremmo più una scuola.
Così, siamo andati alla fonte dell’unica valutazione che conti per degli insegnanti: quella di chi apprende. Quello che ci hanno detto è stato imprevedibile e bello insieme.
Ci hanno raccontato della maggiore concentrazione che riescono ad avere di fronte a delle slides a tutto schermo, ad occupare tutto lo spazio della loro attenzione, della comodità pratica offerta dalle lezioni online, dell’importanza di certi strumenti come le chat per isolare e valorizzare i punti cardine nelle ore di “aula virtuale”. Si può domandare, soffermarsi, rendere partecipi tutti in tempo reale di un dubbio, un’incertezza, una tortuosità nella spiegazione.
Focalizzazione e partecipazione interattiva sono grossi punti di ri-partenza per noi. Sono la lezione che tratteniamo per noi, quella su cui prendiamo appunti per ricordarcene bene nel futuro.
Poi ci sono cose che speriamo di poter lasciare indietro, con il graduale ritorno alla normalità. Il minor coinvolgimento umano, la mancanza di contatto e, sì, anche i limiti insiti nella tecnologia di cui ci serviamo: ogni connessione internet, per quanto buona, non è perfetta; ogni disconnessione non ha solo un aspetto tecnico ma anche umano: è uno sforzo riprendere, rimettersi al passo e seguire un flusso di informazioni molto intenso.
E’ tempo, per tutti i formatori, di tirare fuori il meglio di sé. E’ il momento di osare un po’ di più con le invenzioni, come trovare sistemi per illustrare e condividere a distanza il lato pratico di tecniche e terapie. Sono una parte rilevantissima del nostro mestiere di osteopati e non bisogna rassegnarsi all’idea di non poterla trasmettere.
Distanza non comporta essere distanti, però comporta, per una scuole, per un luogo dove si coltiva un sapere, non distrarsi. Ci siamo ripromessi di non farlo.