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02 Gen 2019

Osteopatia e PNEI, due saperi e un unico approccio. Intervista al prof. Francesco Bottaccioli su un incontro possibile

L’occasione e, insieme, il problema: di evolversi, uscire dal proprio seminato, contaminarsi. Oggi più che mai l’Osteopatia si muove in campo aperto. In quale direzione andare, su che strada portarsi è il tema che è stato al centro del ventennale della nostra Scuola, attiva fin dal 1998. Abbiamo a cuore di sapere dove si sposta il cuore della conoscenza osteopatica, e il nostro anniversario ha segnato il momento per alcune domande e qualche risposta.

In una serie di corsi postgraduate, abbiamo dato spazio a tecniche sperimentali, temi di frontiera per la nostra disciplina e “visitato” possibili terreni di scambio con il mondo delle professioni sanitarie e della medicina. Abbiamo vissuto un anno incontrando compagni di viaggio a ogni crocevia. Uno, particolarmente prezioso, è stato il professor Francesco Bottaccioli, fondatore e presidente onorario della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI).

A lui bastano poche parole, quando in ballo c’è una prossimità così evidente tra il suo campo e l’Osteopatia: «Pnei e Osteopatia condividono un approccio di tipo sistemico, di tipo olistico. L’Osteopatia, da subito, con Still, ha cercato di mettere a fuoco soprattutto il funzionamento complessivo dell’organismo; e quindi le relazioni tra il sistema muscolo-scheletrico, il connettivo, l’assetto fisico dell’organismo, da una parte, e gli organi e la mente stessa dall’altra. L’Osteopatia ha ragionato sulla comunicazione tra il corpo e il cervello». Una solida base comune, da cui un interesse reciproco nasce naturalmente.

Ricorda infatti Bottaccioli che «la Psiconeuroendocrinoimmunologia è innanzitutto un paradigma, cioè un modello interpretativo del funzionamento del corpo umano, in salute e quando si ammala». La novità del metodo è la stessa dell’Osteopatia rispetto alla medicina classica, con la specificità che la Pnei trae dalla scienza il linguaggio “per descrivere il funzionamento unitario dell’organismo umano, e quindi superare la separazione mente-corpo. La Pnei, con la fisiologia, la biologia molecolare, con le evidenze scientifiche dimostra come ciò che accade nella testa di una persona – e quindi nella dimensione psichica –abbia delle conseguenze sui suoi sistemi biologici: sul sistema nervoso, endocrino, immunitario, sui sistemi metabolici, ma anche sul sistema muscolo-scheletrico». Una comunicazione che fa dell’individuo più di una somma delle sue parti, e che funziona anche all’inverso, quando «dai sistemi biologici, dal sistema muscolo-scheletrico, dalla fascia, dal connettivo, dalle strutture fisiche dell’organismo, va dal corpo alla mente, e influenza non solo l’assetto del cervello ma anche le funzioni cerebrali, quindi sia l’aspetto cognitivo che l’aspetto emozionale».

Francesco Bottacioli è talmente persuaso di questa identità di approccio tra Psiconeuroendocrinoimmunologia e Osteopatia da aver collaborato e incoraggiato pubblicazioni comuni tra esperti dei due campi, come, nel 2017, uno studio intitolato “La PNEI e il sistema miofasciale: la struttura che connette”. E le due discipline sono destinate a incontrarsi anche “a valle”, nell’idea del professore, secondo cui «l’Osteopatia potrà ricevere un contributo importante dallo sviluppo della ricerca in campo Pnei, perché potrà avere proprio delle conferme al proprio lavoro». Così, per un osteopata al corrente delle premesse psiconeuroendocrinoimmunologiche della sua professione, sarà più facile rendersi conto che manipolare «un distretto corporeo dell’organismo, non solo produce degli effetti locali – come riduzione del dolore, della contrazione, della ipersensibilità o della iposensibilità – ma anche degli effetti sistemici».

In breve, la Pnei potrebbe contribuire alla disciplina osteopatica fornendole «gli strumenti per dare dimostrazione di tipo molecolare, scientifico della propria efficacia», andando oltre il riscontro a livello clinico di cui già le siamo tributari. Tutto ciò in vista di uno scopo comune da non perdere mai di vista, perché, come sottolinea Bottaccioli: «L’obiettivo vero della medicina e delle scienze della cura» è «far star bene le persone», cioè la traduzione delle conoscenze «clinica, prevenzione e terapia», rimediando allo «scarto eccezionale e tremendo tra l’accumularsi delle conoscenze scientifiche di base sul funzionamento dell’organismo» e la pratica.

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